- 1) consolidare lo squartamento della nazione, fin lì osteggiato da un governo centrale passato dall’obbedienza agli Usa a quella all’Iran. A sud gli sciti, a nord-ovest i sunniti, a nord-est i curdi.
- 2) Istituzionalizzare anche a livello internazionale uno Stato curdo indipendente (e la fornitura di armi occidentali al compare capoclan e contrabbandiere, Massud Barzani, da sempre agente di Cia e Mossad, serve allo scopo) che, impadronitosi della non-curda Kirkuk, garantisca il flusso di idrocarburi da quei giacimenti a Israele e alle compagnie occidentali, fuori dal controllo di Baghdad.
- 3) Controllare il rubinetto del petrolio di uno dei più ricchi giacimenti del mondo allo scopo di condizionarne il flusso verso alleati e sudditi potenzialmente concorrenti, in primis l’Europa.
- 4) Ottenere da un’opinione pubblica occidentale sconvolta dagli orrori commessi dall’ISIL contro le minoranze, soprattutto di correligionari cristiani, il via libera all’intervento militare Usa e Nato, necessitato dalla resistenza siriana e fin qui impedito dai veti di Russia e Cina e dal fallimento delle bufale False Flag organizzate dai servizi occidentali (pari a quella dell’aereo malese MH17 abbattuto sul Donbass e dimostrato dai russi operazione di Kiev, tanto che non se ne parla proprio più) .
- 5) Rilanciare alla grande, sempre attraverso le atrocità compiute dagli islamisti in Iraq, la demonizzazione dell’Islam tutto come fonte di ogni male, ulteriormente drammatizzata dalla presenza di migliaia di jihadisti di origine europea e statunitense, al fine di giustificare guerra dopo guerra e di stringere il cappio del totalitarismo su società occidentali da annientare sul piano economico, sociale, politico: “il nemico è nella casa accanto!”. Dunque, emergenza e altri misure liberticide;
- 6) la messa in scena della decapitazione del giornalista Foley (orchestrata come quella del giovane statunitense Nick Berg in Iraq nel 2013: in entrambi i casi gli esperti hanno constatato la mancanza di sangue nel taglio, Berg era già morto al momento della decapitazione, le dichiarazioni erano recitate come da copione, oltre ad altre manipolazioni). La decapitazione al culmine delle mostruose efferatezze ISIL, per mano di un cittadino britannico che dà corpo alla paura del “nemico interno” e si aggiunge alle centinaia di “nemici interni” europei tra le fila degli scannatori, è la pistola fumante per far entrare in Siria finalmente le forze armate Usa e Nato, con il pretesto di arginare i jihadisti, ma con lo scopo vero di farla finita con la Siria e con Assad.
- 7) Effetto collaterale delle carneficine in Iraq: incrementare a livelli iperbolici l’invasione di migranti in un’Europa da debilitare economicamente e destabilizzare socialmente.
3 settembre 2014
COME PUO' UNO SCOGLIO ARGINARE IL MARE - ANCHE SE NON VOGLIO TORNO GIA' A VOLARE (Intorno a Alessandro Di Battista)
Per primissima, urgente, cosa, invito
tutti a vedersi il video youtube inserito in cima alla colonna sinistra del mio
blog. Stupefacente, sensazionale, agghiacciante (ma non sorprendente per noi)!
L’agente del Mossad, Juval Aviv, intervistato dalla CNN, nientemeno, dichiara
che l’esplosione del 7 luglio 2005 al metrò di
Londra, attribuito a due ragazzi musulmani, ovviamente incastrati (come
risulta, tra le altre incongruenze, dal fatto che le foto dimostrano che la
bomba, evidentemente posta in precedenza, esplose da sotto la piattaforma della
carrozza e non nello zaino lasciato sul pavimento, come affermato dalla
polizia), “è facile da farsi, come abbiamo
fatto NOI a Londra”, per poi esitare
e correggersi: “come è stato fatto a
Londra”.
Ora che,.a
forza di urlare come carrettieri ubriachi, o come automobilisti romani
inferociti dall’inerme pedone, gli sguatteri dell’imperatore hanno perso la
voce, è il momento di ragionare sui fatti. Roba invisa e anche proibita agli
sguatteri e praticata, a mia conoscenza, dal solo, per me esimio, Angelo
d’Orsi, reperto eterodosso di intelligenza e onestà nel “manifesto”, a dispetto
delle ripetute volte che ha spillato fuori dal vaso adeguandosi alle
frustrazioni sinistre dei bastona-5 stelle. La sua (l’adesione furbesca ed equivoca di Pannella
non conta), e quella del vignettista
Vauro, diseguale fustigatore di infamie padronali (quando non annebbiato dalla
vulgata imperiale su “dittatori” e “diritti umani”), sono state, per quanto mi
è dato di leggere, le uniche voci che hanno sostenuto le buone ragioni del
parlamentare Cinque Stelle Alessandro di Battista, opponendo alla canea dei
servi sciocchi, falsari e ignoranti, alcuni metri cubi di razionalismo.
Bravo Di Battista,
coraggioso e letale per tutti gli ipocriti sinistri e i predatori della
giustizia e della verità annidiati nella "comunità Internazionale".
Nella deprimente storia parlamentare della repubblica di questi decenni il suo
intervento sul fenomeno “terrorismo” ha il valore di una deflagrazione
politica, di potenza uguale e di
indirizzo contrario a quelle che i criminali contro l’umanità praticano contro
popolazioni inermi e contro la verità. Si è visto, nelle aule infestate da
corrotti e bugiardi, l’impeto travolgente di un nobile bisonte scaraventarsi contro
l’omertà e il servilismo degli sciacalli, rappresentanti spuri di una nazione,
legittimati unicamente dal consesso extraparlamentare dei poteri planetari del
crimine. Uno sconvolgimento degli assunti imposti e accettati, un vero scandalo
epocale, che una canizza di coyote a larghissime intese ha cercato di azzannare
e seppellire sotto una discarica di ingiurie, stravolgimenti, falsità. Ma che
nessuno potrà più cancellare dagli annali della storia politica, un seme che ha
iniziato a germogliare nella coscienza dei tanti finora rimasti alla mercè
della contraffazione. La sollecitazione a comprendere le ragioni di chi, dalla
Valsusa a Gaza e a Ferguson, si oppone, col “terrorismo”, ai cavalieri
dell’apocalisse, con affanno servile fatta passare per “giustificazione” e
“complicità”, unitamente alla fin qui
inosabile, inaudita, denuncia del terrorismo di Stato statunitense e
israeliano quale radice – e, aggiungo, mandante – di tutti i terrorismi, ha
confermato i Cinque Stelle estrema risorsa in parlamento della verità e della
giustizia.
Da, ahimè, ormai
semisecolare passeggero sui convogli della storia capitalista e imperialista
passati sulle schiene curve, o sollevate, di popoli e classi disobbedienti, mi
permetto, però, di suggerire all’ottimo vindice di tutti costoro, profondo
conoscitore dell’America Latina ma, forse, meno di altri scenari, di allargare
la sua percezione di chi è vittima e chi carnefice, ripulendo la sua visione di
alcune scorie che, come capita a tutti nella pestilenza della disinformazione,
minacciano di alterare la forza della sua verità. Non me ne voglia Alessandro.
Me lo dettano affetto e stima, tanto per il parlamentare 5Stelle, quanto per
coloro di cui ha rivendicato l’umanità, la dignità e il diritto, con coraggio
morale e onestà intellettuale.
Battaglione ucraino con insegne SS
Sarebbe stato utile, nel trattare il tema “terrorismo”, distinguere tra "terroristi", quando così
vengono qualificati dai terroristi di Stato e mediatici i combattenti per la libertà sotto tiranni, sfruttatori, colonizzati
e occupanti, come nel caso dei palestinesi,Tuareg, Taliban, somali di Shabaab, honduregni
golpizzati, russi del Donbass sotto
attacco terrorista nazimperialista e tanti altri, fino ai nostri No Tav e No
Muos, anche loro “terroristi” nella definizione bipartisan dei vari Lupi,
Alfano, Chiamparino. E, sul lato opposto, terroristi veri dei vari eserciti,
contractors, milizie surrogate, del Nuovo Ordine Mondiale, mercenari
dell'Impero USraeliano. E qui parliamo di ISIL (oggi IS) e degli identici
jihadisti che hanno disintegrato la Libia, la Siria, la Nigeria; dei teppisti
che sparano ai chavisti e incendiano università, scuole, quartieri, spacci
alimentari dai prezzi non imposti dalla
grande distribuzione. Non si sbagli Di Battista: questa marmaglia sanguinaria,
non ha niente di autonomo, è al servizio dell'Impero, responsabile e promotore
di tutto il terrorismo mondiale. Stati Canaglia. Il terrorismo è tutto di
Stato, come ben si soleva gridare, a dispetto dei già consociati atlantici PCI
e DC, fin dai tempi del ’68. Non c’è
attentato terroristico, dall’11 settembre ai successivi, senza neanche voler
cercare conferma nella consuetudine storica delle False Flag Usa, tra Pearl Harbour, l’incendio della nave
“Maine” per la guerra contro la Spagna a
Cuba, l’operazione Northwoods che prevedeva l’abbattimenti di aerei civili Usa
sopra Cuba, che non abbia subito smascheramenti tecnico.scientifici, oltreché
logici.
A Di Battista, così attento a individuare i dati reali del confronto
mondiale, non dovrebbero sfuggire fonti – e ce ne sono tante e infinitamente
più competenti e documentate dei media di regime, destri o “sinistri” che siano
– che, a costo di grande impegno e sacrificio analitico ed economico, si
sottraggono ai tentacoli del menzognificio occidentale. Magari anche gli organi
di comunicazione degli esecrati “Stati Canaglia”, dei “dittatori sanguinari”,
sistematicamente da noi occultati o boicottati. E pour cause. Scoprirebbe documentazione inconfutabile sui legami
filiali che uniscono le bande di ISIL, oggi fintamente antagonizzate, ai
mandanti USraeliani. Come sui loro legami fraterni con i tagliagole che
devastano la Siria e che hanno distrutto e insanguinato la Libia, gli stessi,
ma allora “rivoluzionari democratici”, pagati e armati a difesa dei “nostri
valori”, e con i massacratori Boko Haram che destabilizzano il più grosso
boccone petrolifero dell’Africa e che, logicamente, proprio ora hanno dichiarato
la loro adesione all’ISIL.
Kiev,
oggi: miliziani in tenuta SS in partenza per il Donbass
Esecuzione ISIL di civili iracheni
Apprenderebbero, Di Battista e tanti suoi colleghi meno preparati in
geopolitica, ma che sicuramente sene vorranno fare un interesse specifico alla
luce del fatto che Renzi e Berlusconi, o Draghi e Juncker, sono i terminali
coloniali della cosca delinquenziale che, nel nome della Cupola
militar-finanziaria occidentale, opera su altri fronti con terminali come il
saudita Abdallah, il qatariota El Thani, il capo della giunta Ucraina, Poroshenko,
messo su dal putsch Usa-nazisti, il sionista Netaniahu, il narcotrafficante
curdo-iracheno Massud. E il neo-califfo
Abu Bakr al Baghdadi. Di questa gente c’è da comprendere solo che operano sotto
comando di Stati Uniti e Israele. Che ora a Washington, Londra, Tel Aviv, Bruxelles, ci si straccino
le vesti sulle atrocità commesse da questi sicari è ipocrisia pura e persegue
altri scopi imperialistici.
Tutti sanno, e fingono di dimenticare, che le milizie jihadiste spuntano
in Libia contro Gheddafi dal tronco di una antica formazione integralista
libica votata al califfato e alla sharìa, capeggiata dall’alqaidista Abdelhakim
Belhadj (successivamente installato dalla Nato governatore di Tripoli). Da esso
l’intelligence Nato fa fiorire numerosi rami: bande jihadiste da Cecenia,
Afghanistan, Tunisia, Marocco, Giordania, Egitto (Fratelli Musulmani).
Logistica, armamenti, denaro arrivano dal Golfo, eminentemente dal Qatar e
dalla Turchia. La Nato si fa forza aerea e navale di questa soldataglia. La
Libia libera e benestante, motore dell’autonomia africana, fattore di
equilibrio regionale, esempio di equità sociale, è trasformata in un oceano di
sangue in cui imperversano lanzichenecchi di varia denominazione, impegnati a
contendersi il bottino. In questi giorni le milizie di Misurata, punta di
diamante del jihadismo estremo, a suo tempo coccolate in Occidente, mentre
commettevano atrocità affini a quelle dell’ISIL, hanno distrutto e occupato
l’aeroporto di Tripoli. Un grande Stato afro-arabo non c’è più. “Caos creativo”
all’americana.
La stessa marmaglia di tagliagole arriva in Siria, incaricata di compito
analogo, sotto iniziale copertura di manifestazioni pacifiche di rivendicazione.
La vulgata occidentale per cui intervenire in Libia era doveroso perché
“Gheddafi bombardava la sua gente” (simile a quella sul serbo Milosevic e
smentita, oltreché dalla stessa gente, dalle immagini satellitari russe)
diventa uno stereotipo in Siria e in Ucraina, dove gli danno corpo cecchini
impegnati a sparare sia su dimostranti, sia sulle forze dell’ordine. Cecchini
che si riveleranno, anche grazie a intercettazioni telefoniche tra i mandanti,
mercenari e specialisti manovrati dall’Occidente. Del trasferimento in Siria di
questi soldati di ventura e delle armi si occupa, con assistenza Cia,
personalmente l’ambasciatore Usa a Bengasi, Chris Stevens. Verrà fatto fuori da
una fazione insoddisfatta.
Nonostante opulente iniezioni di armamenti e milioni di dollari,
surrettiziamente da Turchia, Qatar, Kuweit, Emirati e Arabia Saudita,
ufficialmente da Washington, Londra, Parigi, motivati essenzialmente da soldo,
bottino e stupro, contro un popolo e un esercito impegnati a difendere la
patria, l’emancipazione, l’indipendenza, la barbarie jihadista non passa. Alla
sconfitta militare si rimedia con il terrorismo degli attentati tra i civili.
Ma dopo quasi 4 anni di guerra, la direzione del paese raccoglie ancora il
consenso della stragrande maggioranza della popolazione, confermato nel voto
referendario e presidenziale riconosciuto corretto dagli osservatori. Occorre
un intervento alla libica e, quindi, occorre un pretesto inoppugnabile. Ma lo
scherzetto turco-saudita delle armi chimiche, di cui è attribuito l’uso ad
Assad, si spappola ancora una volta per merito delle analisi e dei documenti
russi e delle testimonianze locali e degli ispettori ONU. Obama deve fermare
gli F16. Israele non ottiene più di tanto bombardando occasionalmente, in
omaggio al diritto internazionale dei pirati, obiettivi militari siriani, ma
dimostra la sua affezione per le milizie terroriste, fornendo armi e curandone
centinaia di feriti in ospedali sul Golan e a Tel Aviv.
Abu Bakr Al Baghdadi uno e due
Tocca all’Iraq, destinato alla distruzione in quanto grande, potente e
ricco antagonista dell’Occidente e di Israele, mediante la tripartizione prevista
da un progetto storico elaborato in Israele dal consigliere geopolitico del
governo Oded Yinon nel 1982 e ripreso dagli Usraeliani all’atto delle due
guerre d’aggressione 1991 e 2003. Entra in scena Abu Bakr al Baghdadi, capo del
califfato in Iraq e nel Levante (ISIL). Una formazione creata per alimentare il
famigerato “scontro di civiltà”, teoria alla base dell’imperialismo attuale, e rispolverare
in Occidente la psicosi “mamma, i mori!”, pista di lancio di crociate e
colonialismi. E’ significativo il fatto che mentre questi supposti fanatici
islamici giurano di riprendere agli infedelissimi ebrei Gerusalemme e di
marciare addirittura su Roma, neanche un dito mignolo hanno mosso in difesa dei
fratelli arabi e musulmani sterminati a Gaza…..
Gli
obiettivi sono nell’ordine:
Naturalmente è del tutto casuale che l’immane carneficina irachena abbia
distolto gran parte dell’attenzione dal genocidio in atto a Gaza che stava
facendo divampare di revulsione e indignazione un’opinione pubblica mondiale,
minacciando di privare Israele di molte complicità
e passività. O vogliamo aggiungere un paragrafo 8?
Decapitatori del mondo civile
Si può sospettare una divaricazione tattica nella conquista del controllo
sulle risorse energetiche del Medioriente, tra, da un lato, Arabia Saudita e il
pilastro Nato Turchia, principali fornitori di quei denari e di quei mezzi che
hanno promosso una banda di lanzichenecchi sbrindellati in forza armata
organizzata, pari a quella di un potente Stato, e, dall’altro, il trinomio
USA-UE-Israele che ha qualche difficoltà d’immagine con califfati oscurantisti,
ma saprà a suo tempo sostituirli con despoti verniciati di democrazia. Ma alla
fine prevale la coesione strategica per la riorganizzazione coloniale e
feudalcpitalista del Medioriente tramite la definitiva distruzione di ogni
entità nazionale araba unitaria, indipendente, ostacolo al dispiegarsi del
Grande Israele, del parallelo neo-impero ottomano e dei saccheggi neoliberisti.
Ne sono reciprocamente garanti USA-Israele e i sultani del Golfo. I primi in
termini geostrategici, i secondi per il controllo energetico sull’intera
regione.
Al Baghdadi e altri comandanti jihadisti
complottano con McCain
Avete sentito il rompighiaccio dell’imperialismo bellico obamiano,
senatore John McCain, invocare ora un immediato intervento armato contro l’ISIL
(ISIL, Stato Islamico in Iraq e nel Levante, mi pare più corretto di ISIS,
Stato Islamico in Iraq e Siria, perché quest’ultimo trascura le mire del
califfato sunnita sul Libano degli Hezbollah e altre presenze scite). Nella
foto qui sopra, scattata qualche tempo prima, vedete il senatore in
conciliabolo con nientemeno che il futuro califfo Al Baghdadi, insieme ad altri
noti comandanti jihadisti. Siamo in una
località al confine tra Siria e Iraq e, come altre foto rivelano, non si
tratta dell’unico incontro tra i due. Al Baghdadi, dopo aver trascorso 4 anni a
Guantanamo, è stato liberato e, secondo fonti della stessa intelligence Usa,
addestrato militarmente e indottrinato in religione oratoria per compiere la
sua missione prima in Siria e poi in Iraq.
Non fossero bastati gli ininterrotti rifornimenti di armi e fondi e
l’assistenza delle forze speciali angloamericane alle milizie anti-Assad,
nominalmente destinati agli oppositori “moderati” del Libero Esercito Siriano,
entità del tutto virtuale, e subito arrivati agli integralisti, dove dovevano
arrivare; non bastassero i finanziamenti sauditi all’ISIL, mai smentiti da
Riad; non fosse sufficiente il fatto comprovato che la Turchia del Fratello
Musulmano Erdogan costituisce, insieme alla Giordania dei centri di
addestramento gestiti dai Marines, la profondità strategica dell’ISIL le sue
retrovie, le linee di rifornimento, le basi di addestramento, questa prova del
connubio USA-ISIL disintegra ogni teorema circa una campagna jihadista fuori
dal controllo USraeliano e, anzi, diretta contro l’Occidente.
Al Baghdadi "integralista islamico"
Sono convinto che Alessandro Di Battista non faticherà a convincersi di
quanto sopra e ad aggiornare, con le opportune distinzioni, il suo quadro del
“terrorista” antimperialista da comprendere e difendere e del terrorista
mercenario imperialista da denunciare. Ma nel saggio del parlamentare 5Stelle
vi sono alcune affermazioni, riprese, non so con quanta circospezione, dalle
interpretazioni fiorite in Occidente, con tragica unanimità destra-“sinistra”,
sull’Iraq, su Saddam, in genere su leader non in sintonia con i progetti di
governi, banche e multinazionali, tutti accomunati nell’anatema “dittatori
sanguinari” da cui i loro popoli devono essere liberati.
Ne parlerò dopo. Ma prima vorrei mettere in discussione anche un altro
punto forte delle argomentazioni di Di Battista: La denuncia dell’accordo
Sykes-Picot e degli altri trattati delle potenze coloniali che ridisegnarono il
mondo arabo secondo linee arbitrarie che dettero vita a Stati-Nazione
innaturali comprendenti varie realtà etniche e confessionali. “Non sta scritto da nessuna parte che
popolazioni diverse debbano vivere sotto la stessa bandiera” scrive
Alessandro. Così contraddice un principio che contraddistingue la modernità,
per la quale diversità progrediscono quando accomunate da un progetto politico,
sociale, culturale, economico, condiviso. Difficile, anche in Occidente,
trovare oggi una nazione che non comprenda proprio quelle diversità. Separarle,
frantumarle, non sembra all’ordine del giorno e, quando ricercata, corrisponde
inevitabilmente al disegno imperiale in atto della frantumazione in piccole,
insignificanti, deboli entità, di un insieme che, come tale, costituisce un più
forte ostacolo all’avanzata della superpotenza. Pensiamo al Regno Unito, con le
sue quattro nazionalità, alla Jugoslavia, formidabile interlocutore geopolitico
quando unita e mosaico di staterelli senza voce in capitolo e senza voce
economica, politica, militare. Non c’è nazione europea che non comprenda in sé
le stesse diversità di religione, etnia, tradizione, dei paesi frantumati del
Medioriente. O ritiene, Di Battista, che il Risorgimento, unendo celti, romani,
etruschi, arabi, occitani, germani d’Italia in un’unica nazione, sia stato
un’operazione regressiva e non ci abbia fatto uscire da una servitù millenaria?
E che dar retta ai Bossi e ai Salvini sia progressivo e ci garantisca meglio contro
le prepotenze e gli appetiti delle potenze?
Ma ci sono ragioni ancora più valide per impedire che progetti di
disarticolazione nazionale del mondo arabo, come quello citato del sionista
Oded Yinon, o quella antichissimo Usa, oggi in pieno dispiegamento, vadano a
sottoporre al dominio di quello che è un indiscutibile Stato-Nazione, di
afroamericani, irlandesi, tedeschi, italiani, latinos, protestanti, cattolici,
ebrei, gli Usa, un Nuovo Ordine Mondiale di paesi triturati e, dunque, in
perenne, debilitante, conflitto tra i suoi vari pezzi. Una ragione è lo
spianamento all’orda imperialista di paesuccoli incapaci di resistenza e di
autonomia. Un’altra, decisiva, è la stessa volontà dei popoli, unificati, non
solo da Sykes Picot e conferenze varie di Berlino, ma da un retroterra storico
comune, come è, tra gli altri, quello dell’Iraq dei sumeri, assirobabilonesi,
abbassidi e dello stesso dominio ottomano.e poi britannico.
Caro Alessandro, la tua sete di giustizia e verità viene adulterata
dall’assunzione acritica delle vulgata irachena come raccontataci dai complici
della distruzione di quel paese e supinamente ripetuta da pigri e opportunisti
“sinistri”. Vorrei che fossi venuto con me in quella parte del mondo che la
lotta contro i colonizzatori ha cementato in grandi e rivoluzionarie nazioni,
proprio per questo oggi sottoposte a squartamento da parte degli antichi
conquistatori. Nel 1966, quando per Paese Sera seguii la Guerra dei Sei Giorni,
inizio del progetto Yinon, ai successivi viaggi nell’Egitto di Nasser (copti e
musulmani, africani e arabi), nel Sudan di Nimeiry (africani, arabi e tante
confessioni), nella Siria (sciti, sunniti, drusi, curdi), nella Libia delle
mille tribù, nell’Iraq di Saddam Hussein. Popoli uniti da un voluto destino di
emancipazione, socialismo, indipendenza, coesione. Ho molto amato l’Iraq,
assiduamente frequentato dal 1977 a oggi, baluardo principale dell’unità araba,
dell’antimperialismo e dell’antisionismo, tanto temuto dall’Occidente e da
Israele dall’averli mossi all’orrenda strage in corso dal 1991.
Era un paese che ai suoi popoli aveva assicurato benessere, dignità,
giustizia sociale, autostima. Tanto che nessuno allora si sarebbe sognato di
identificarsi e contrapporsi in quanto scita o sunnita, turcomanno o assiro, cristiano
a musulmano e i matrimoni interconfessionali e interetnici erano all’ordine del
giorno. Un milione di curdi viveva a Baghdad e, nonostante le brighe di Cia e
Mossad, nel Kurdistan iracheno solo una minoranza infeudata a un paio di
capiclan minava l’unità nazionale con sporadiche rivolte istigate da fuori, da
coloro che oggi si sono comprati mezzo Kurdistan e ne succhiano il petrolio che
un tempo beneficiava la collettività nazionale tutta. Quella vicenda divenne il
massacro di 200mila curdi per mano di Saddam. Una storia raccontata da un’unica
parlamentare britannica e da qui assunta, senza prove, a verità indiscutibile. E non è vero, come si è voluto propagandare,
anche per impedire che gli antimperialisti dalle nostre parti solidarizzassero
con quell’Iraq sotto assedio, che Saddam fosse” uomo degli americani”.
La
rivoluzione del 1968, che lo ha visto
protagonista (Al Bakr, nominalmente presidente, era solo una figura di
rappresentanza), poneva fine a un regime asservito ai britannici. E’ stato lui
il nazionalizzatore del petrolio iracheno, azione che avrebbe determinato la
fine sua e del suo popolo. Elementi fondanti di un consenso collettivo, come la
sanità, l’istruzione, la distribuzione della ricchezza, le infrastrutture, la protezione e lo sviluppo delle enormi
risorse storiche e culturali, la dignità, sono state opera di Saddam e del
partito Baath. Cose che nel Terzo Mondo erano miraggi, che da noi erano date
per scontate, prima di essere perdute.
Uomo degli americani? Nella guerra Iraq-Iran, fomentata da revanscisti
come Kissinger (“E’ bene che questi due
paesi si dissanguino a vicenda”), è stato l’Iran, al quale va tutto il mio
rispetto, a ricevere armi da Israele (il ricavato è stato utilizzato dagli Usa
per lanciare la Contras contro il Nicaragua, come ben sai). Trovami un solo
fotogramma delle migliaia di chilometri di filmati delle due guerra all’Iraq
dove si intravveda un’arma, un fucile, una granata statunitensi. In entrambi i
casi l’Iraq si è dovuto difendere con obsoleti armamenti sovietici e qualche
residuo del mercato internazionale. Poi la famosa “stretta di mano tra Rumsfeld
e Saddam”. Peccato che cronisti allora e storici oggi si dimentichino le
circostanze in cui una normalissima stretta di mano diplomatica è avvenuta. Fu
quando Rumsfeld tentò di ricattare l’Iraq con la promessa di assistenza
contro l’Iran in cambio della riapertura
dell’oleodotto Kirkuk-Haifa in Israele (ora riattivato dai curdi del
narcotrafficante Barzani). Saddam gli strinse la mano rimandandolo con le pive nel
sacco.
Occhio ai risentimenti di certi
“comunisti” allineatisi agli sbranatori dell’Iraq perché “Saddam aveva sterminato i comunisti”. C’è sotto un odio viscerale
per chi ha saputo fare meglio e non ha tradito. Ne sapete qualcosa voi, Cinque
Stelle. La verità è che, all’atto delle guerra con l’Iran, il PC iracheno, già al governo di
Baghdad insieme a Baath e curdi), su ordine di Brezhnev si schierò con l’Iran, tradendo il proprio paese, come Mosca
tradiva il proprio principale alleato in Medioriente. Non ci fu nessuno
sterminio. Molti comunisti entrarono nel Baath, altri andarono in esilio in
Siria, alcuni dirigenti furono giustiziati per aver collaborato col nemico. Non
ti dice niente, Alessandro, il fatto che tutti i regimi israeliani hanno considerato
l’Iraq di Saddam il primo e massimo nemico da distruggere? Che io stesso il 9
aprile 2003, nell’uscire dalla Baghdad occupata dalle forze Usa, viaggiai verso
Damasco accanto a un pullmino con
funzionari iracheni che, a governo iracheno crollato, eseguivano
l’ultimo ordine di portare aiuti finanziari alle famiglie dei martiri
palestinesi?
Il mio Iraq era un paese popolato da genti orgogliose e serene, da donne
liberate, da bambini con la sicurezza del futuro. La sua vivacità creativa sul
piano culturale, artistico, letterario, ricordava quella di Cuba nei primi
decenni della rivoluzione. E Fidel era tra gli amici più stretti di Saddam. Si
dirà, con prosopopea euro centrista e parecchio razzista, “ma era una
dittatura, come quelle di Nasser, di Gheddafi, di Assad, di Fidel”. E qui opera
il tremendo virus della superiorità occidentale, del “fardello dell’uomo
bianco” civilizzatore. Lo si osa ripetere addirittura oggi, ai tempi di
Ferguson, di Kiev, di Gaza, di Draghi, Juncker e Renzi, di Obama che, con decreto
presidenziale, alle sette guerre di sterminio che va conducendo, aggiunge il
diritto di ordinare in tutto il mondo assassinii extragiudiziali di “soggetti
sospetti”. Non ci si abbassa a considerare contesti storici, sociali,
culturali, che, forse, hanno imposto modelli di organizzazione della società
alternativi ai nostri perfettissimi ordini democratici. Non si consente ai
popoli di fare i propri percorsi nei tempi necessari, magari uscendo da
tirannie secolari che hanno impedito la formazione di immaginari e bisogni
collettivi in linea con i nostri modelli. Abbiamo tutti avuto bisogno, da
piccoli, di padri della patria, di guide ispirate e capaci. Ci è stato dato il
tempo di maturare. Loro non hanno avuto la rivoluzione francese e neppure
quella d’ottobre. I loro Voltaire, Machiavelli, Hegel, sono scomparsi alla fine
del primo millennio. Dopo averci dato tutto.
Grazie, Di Battista
Fonte: Mondocane
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